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Ritrovamenti archeologici casuali hanno permesso di attribuire con certezza alla cittadina di Marsico origini preromane.
Un centro fortificato e fortemente connotato, forse l'Abellinum Marsicum, già menzionato da Plinio, occupava infatti la parte più alta dell'attuale abitato già tra il V ed il IV secolo a.C.
La città fece parte della federazione di città stato lucane che si oppose alla penetrazione romana in lucania, giocando presumibilmente un ruolo determinante per la posizione strategica occupata a controllo dell'imbocco della valle dell'Agri e delle vie che da qui portavano verso il potentino ed il salernitano.
Successivamente alla conquista romana ed alla creazione della colonia di Grumentum il vecchio centro lucano di Marsico rischiò di cadere nel dimenticatoio subendo la sorte di molte altre città della zona.
Esso tuttavia, venendosi a trovare sul tracciato principale della via Herculea, che attraversava l'intera regione collegando le colonie romane di Venusia e Grumentum, poté conservare la vitalità economica e politica necessaria a garantirne la sopravvivenza. Nei pressi della città (forse in località San Giovanni) sorse in seguito una "statio" dell'importante via romana che negli antichi documenti è riportata col nome di Acidios ( o Aciris = Agri).
Le numerose epigrafi qui ritrovate (tra cui un miliario della stessa Herculea) attestano l'importanza del luogo e testimoniano la vitalità del centro antico di Marsico anche in epoca romana. Nessun documento si può portare a testimonianza della vita della città durante il lungo periodo altomedievale e solo con l'arrivo dei longobardi si hanno di nuovo notizie certe di Marsico.
La città assume in questi secoli grande importanza strategica nell'economia delle lotte tra longobardi, bizantini e saraceni per il possesso dell'Italia del sud. Venendosi a trovare sul confine meridionale del principato longobardo di Salerno, intorno al 940, la città fu elevata dal principe Gisulfo al rango di Contea e posta a capo di un vasto territorio di confine.
Marsico divenne presto una munita roccaforte militare capace di tenere a bada le incursioni saracene e gli eserciti bizantini in cammino verso Salerno. Avendo ereditato il ruolo guida politico-militare della zona, un tempo appartenuto a Grumentum, la città registrò presto una consistente crescita demografica che ne fece uno dei pochi centri lucani a potersi fregiare del titolo di "Civitas". Il prestigio della città crebbe ulteriormente nel 1054 quando venne ufficializzato il trasferimento a Marsico della diocesi paleocristiana di Grumentum. Con l'arrivo dei normanni le competenze territoriali della contea di Marsico si erano estese su quasi tutto il vallo di Diano ed il basso Cilento. Roberto il Guiscardo, divenuto principe di Salerno, affidò Marsico ai Malaconvenienza e Rinaldo figlio del valoroso Asclettino ne fu il primo signore normanno.
Nel 1144 troviamo invece conte di Marsico un'Altavilla. Si tratta del conte Silvestro, figlio del conte di Ragusa e cugino diretto del re di Sicilia. Agli Altavilla successero i Guarna e nel XIII secolo la contea di Marsico passò ai Sanseverino.
I conti di Marsico, quasi tutti Gran Connestabili e consiglieri reali, influenzarono non poco la politica del regno per tutto il periodo angioino, e con gli aragonesi divennero anche principi di Salerno. L'ultimo conte di Marsico e principe di Salerno, Ferrante Sanseverino, entrato in contrasto col vicerè di Napoli fu esiliato nel 1552 ed i suoi feudi furono messi in vendita.
L"Universitas" marsicana riuscì a raccogliere la somma necessaria al riscatto e venne perciò ascritta al Regio Demanio.
Nel 1638 però, essendo le casse vicereali in dissesto ed i cittadini impossibilitati a reperire le somme necessarie al mantenimento dell' "autonomia" amministrativa, la città fu nuovamente messa in vendita ed acquistata dalla famiglia Pignatelli col titolo di Principi. Nel 1647 la città fu sconvolta dai tumulti popolari collegati ai moti rivoluzionari di Masaniello.
Il principe Francesco Pignatelli fu costretto alla fuga mentre una decina di cortigiani venivano trucidati dalla folla in rivolta.
La peste del 1656 dimezzò la popolazione e solo nel 1800 la città poté riacquistare un rilevante peso demografico superando i diecimila abitanti a metà secolo.
Nel febbraio del 1799, a seguito della rivoluzione napoletana, anche a Marsico fu innalzato il simbolico "albero della libertà".
Il popolo, infatti, incoraggiato dalla simpatia che gli stessi feudatari Diego e Vincenzo Pignatelli ed il vescovo Bernardo Maria Della Torre nutrivano nei confronti delle idee rivoluzionarie aderì presto alla repubblica partenopea. Le bande sanfediste che precedettero la restaurazione borbonica portarono lutti e distruzioni anche a Marsico. La città tuttavia non abbandonò le idee libertarie e nel 1820 era già sede di una "vendita" carbonara (la Scuola Dei Costumi) contribuendo durante i moti del 1820/21 che in quelli successivi alle lotte per l'unità e l'indipendenza nazionale. Nel 1857 fu sconvolta dal terribile terremoto che rase al suolo gran parte dei paesi limitrofi e qualche anno dopo, per l'imperversare del brigantaggio, la città dovette subire alcuni feroci fatti di sangue che videro protagonisti i capo banda locali Angelantonio Masini e Federico Aliano.
Impoverita dalle ondate migratorie seguite alle due guerre mondiali, la città ha attraversato decenni di profonda crisi e tenta oggi di riannodare le fila del proprio passato per trarne nuovi stimoli di crescita civile ed economica.